Suggerimenti INU per la conversione in legge del DL74/2012

In vista anche del Decreto  attuativo del Presidente della Regione da assumere  ai sensi dell’art. 2
11/07/2012

A cura del Gruppo di lavoro INU Vulnerabilità sismica urbana e pianificazione

1.     Ricostruzione della  vitalità di insediamenti e sistema produttivo

Il tema centrale è quello di far convivere nel breve termine la vitalità degli insediamenti e del settore produttivo,  parte di un sistema territoriale molto competitivo e connesso, con una sismicità la cui evoluzione e durata hanno margini di imprevedibilità. La normativa nazionale e quella regionale perciò devono dare peso della prevenzione nella ricostruzione e favorire il governo  pubblico dei processi territoriali di  rilocalizzazione, potendo così accelerare gli interventi e renderli maggiormente sostenibili.

La  salvaguardia delle peculiarità regionali (art.3, comma 1,DL74/12) va declinata anche come garanzia di coerenza  con i principi della pianificazione che, tra l’altro,  in Emilia-Romagna (art.2 della LR 20/00 e s.m.), esigono  “processi di trasformazione compatibili con la sicurezza e la tutela dell’integrità fisica e con l’identità culturale del territorio”…. “attenzione al consumo del suolo” e che inoltre, nelle zone sismiche, chiedono che “gli strumenti urbanistici concorrano alla riduzione del rischio sismico attraverso analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione urbanistica” e indirizzino “le scelte localizzative, i processi di trasformazione urbana e la realizzazione delle opere secondo criteri di prevenzione e mitigazione del rischio sismico” (art. 6 della LR 19/2008).

La pianificazione esistente, già in parte adeguata alla legge 20/2000 e s.m., dovrebbe consentire di governare e soddisfare dapprima  con le esistenti diponibilità di aree e di immobili i possibili processi di delocalizzazione delle industrie esistenti, processi che potrebbero però estendersi nel corso della ricostruzione per motivi collegati ai costi di ripristino dei contenitori industriali, ai costi di doppio trasferimento delle attività, ecc. Per non rischiare che i territori contermini a quelli colpiti possano “drenare” produzione dal cratere generando nel breve termine vantaggi per sé e svantaggi per il cratere, con una successiva possibile contrazione nuovamente a favore del cratere[1] è importante ridurre al minimo le delocalizzazioni produttive all’esterno del cratere nell’ottica di conservazione dell’equilibrio territoriale d’area vasta ed altresì contrastare la tendenza alla “città diffusa”, anche in considerazione dell’importanza della campagna per la locale industria agroalimentare.

Bene quindi snellimenti procedurali e deroghe urbanistiche per  le delocalizzazioni temporanee previsti nell’Ordinanza del Presidente Errani n. 3/2012,  ma occorre soprattutto incentivare sistemazioni temporanee nelle immediate adiacenze della precedente produzione (aree cortilive, parcheggi, anche pubblici, aree contigue o a distanze ettometriche) e realizzarle con tecnologie costruttive avanzate[2] di rapida realizzazione,  basso costo, alta efficienza energetica e sismo resistenza. L’accentuato carattere precario eviterebbe di creare l’aspettativa di diritti su  superfici occupate temporaneamente, pur senza introdurre rigidità. Per  reperire aree di questo tipo, si può far ricorso a strumenti diversi, non esclusi accordi pubblico-privato o apposizione di servitù prediali, queste ultime solo in caso di forte motivazione di interesse pubblico legata alle caratteristiche della produzione.

Per l’insediamento produttivo in via definitiva, un forte governo da parte  dalla Pubblica Amministrazione va realizzato mediante i  vari istituti di programmazione negoziata che prevedono accordi tra enti, con il supporto di associazioni di categoria e strutture di ricerca. Anche il riuso urbanistico delle aree liberate dalle delocalizzazioni inevitabili può essere, con opportuna regolamentazione, usato per ottenere rilocalizzazioni definitive rispondenti alle indicazioni di cui ai precedenti commi. Non si tratta infatti di assicurare la sola idoneità dei nuovi edifici produttivi, ma anche di perseguire, come detto,  equilibrio territoriale, idonei modelli di consumo del suolo ed energetico e di  evitare aumenti dei livelli di rischio sismico nel territorio. Si tratta inoltre di evitare per quanto possibile procedure VIA o VAS con esito negativo, anche perché queste appaiono accelerate in modo troppo semplicistico dal DL 74/2012, con il rischio che i tempi “dimezzati” vengano superati.

2.     La prevenzione del rischio sismico nella ricostruzione

Per valide  rilocalizzazioni  produttive sotto il profilo della prevenzione del rischio sismico non è sufficiente quindi la, pur necessaria, predisposizione di Piani di emergenza dei comuni (da mettere in relazione con le analisi delle Condizioni Limite di Emergenza, di cui all’OPCM 4007/2012, peraltro dotata di risorse ancora insufficienti a incentivare tutti gli interventi necessari a garantire la funzionalità del sistema di protezione civile). Occorre realizzare una virtuosa collaborazione tra ricostruzione e prevenzione, estendendo rapidamente le analisi di microzonazione sismica nel territorio, a livello adeguato,  e incrociando le informazioni sugli effetti locali con le valutazioni speditive di vulnerabilità ed esposizione di scala urbana previste dalla LR 19/2008, art.6, ottenendo valutazioni di rischio che, per l’urgenza, potrebbero essere anche di  tipo solo qualitativo  o semiquantitativo, come suggerisce il Consiglio superiore dei lavori pubblici[3].

La valutazione del rischio sismico esistente alla scala urbana e territoriale potrebbe essere valore aggiunto alla  “ripianificazione del territorio comunale definendo le linee di indirizzo strategico per assicurarne la ripresa socio-economica, la riqualificazione dell’abitato e garantendo un’armonica ricostituzione del tessuto urbano abitativo e produttivo” prevista all’art. 10 del DL 83/2012 (articolo  che si propone di unificare alla legge di conversione del  DL 74/2012) nonché  per la  programmazione degli interventi di cui all’art.4 del DL 74/12 su edifici e servizi pubblici[4], consentendo anche di meglio valutare l’effetto territoriale delle previsioni contenute negli emendamenti al l’art. 3 del DL 74/2012 in merito ai livelli di sicurezza per il miglioramento sismico e per i relativi tempi d’intervento.

Nella tipologia dei contributi del DL 74/2012 invece non solo scarseggiano riferimenti alla prevenzione, all’incremento della sicurezza e della funzionalità, ad es., di percorsi o spazi aperti, ma persino manca il riferimento al ripristino delle reti infrastrutturali danneggiate e alla messa in sicurezza idraulica del territorio.

3.     Il rapporto con DL 83 del 22/6/2012 Misure urgenti per la crescita del Paese

Il DL 83 del 22/6/2012 Misure urgenti per la crescita del Paese,  all’art. 10 contenente ‘Ulteriori misure per la ricostruzione  e  la  ripresa  economica  nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012’ (auspicabilmente da integrare  nella legge di conversione del DL 74/2012) potrebbe anche  graduare  gli incentivi fiscali per il  rilancio dell’edilizia premiando  interventi edilizi in attuazione  di piani di emergenza o di piani  governo del territorio concorrenti alla riduzione del rischio sismico (vedi es. LR Emilia-Romagna n.19/2008). Si  potrebbe così indirettamente incentivare la formazione di piani di prevenzione sismica  e, attraverso questi,  prevedere ulteriori misure incentivanti locali (piano casa) , eventualmente anche cumulabili, per accelerare il processo di miglioramento sismico del patrimonio edilizio dei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012 (processo che, con gli emendamenti introdotti in sede referente dalla competente Commissione della Camera dei Deputati, tende ad allungarsi notevolmente ed i cui effetti territoriali non appaiono facilmente prevedibili, perché governati solo da parametri di pericolosità e di vulnerabilità edilizia; in particolare va promosso  il miglioramento di quegli immobili che hanno influenza sulla vulnerabilità urbana, con una maggior utilità pubblica delle misure incentivanti.

La citata ripianificazione dei territori di cui all’art.10 del DL 83/2012 potrebbe inoltre realizzare una maggior flessibilità per la destinazione finale delle aree usate per la realizzazione dei moduli residenziali temporanei, senza  vincolare in forza di legge la destinazione d’uso ad area di ricovero, che se impedisce speculazioni fondiarie, rischia di introdurre rigidità nell’acquisizione e nella successiva gestione delle aree.

 4.     Le procedure di attuazione

Le procedure e gli obblighi definiti ai commi da 5 a 10 dell’art. 3 (con  gli emendamenti apportati in sede referente dalla Commissione competente della Camera ) vanno meglio precisati, distinguendo quanto eventualmente riguarda tutti i tipi di costruzioni da quanto riguarda solo gli edifici produttivi ( a cui soli sono  riferibili ad es. le carenze di cui al comma 8).

Sembra opportuna in particolare una precisazione dell’intervento di ripristino, senza  esplicito  riscontro nella NTC, e l’individuazione delle tipologie d’intervento edilizio a cui può corrispondere tale intervento strutturale (opere provvisionali, manutenzione ordinaria, straordinaria, ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo, ecc.) così da garantire reali semplificazioni rispetto a ciascuna delle corrispondenti procedure ordinarie vigenti per l’eventuale ottenimento di un titolo edilizio ed evitare richieste di autorizzazioni, quando non indispensabili.

La sostituzione dell’autorizzazione  sismica preventiva con la procedura di deposito (art. 8, comma 15) può essere accettabile, ma solo se non si fa mancare adeguato sostegno ai progettisti,  mediante accordi tra la PA e le associazioni di categoria delle professioni tecniche nonché le Università (corsi di formazione, pareri consultivi preliminari sui progetti, processo di qualificazione dei professionisti, allargamento della platea di professionisti esperti in costruzioni sismiche).

In caso di miglioramento-adeguamento sismico  va ricordato che le NTC impongono   verifiche riguardanti l’intero edificio e vanno quindi facilitati interventi coordinati fra eventuali condomini. La deroga al Codice Civile, di cui al comma 4 dell’art. 3 del DL 74/12, va finalizzata allo scopo, oltre che a garantire la corretta attuazione degli interventi sulle parti comuni.

Considerata la complessità della progettazione, in conformità alla NTC, di ripristini in edifici aggregati ad altri, le modalità di contribuzione dovranno tenerne conto  e dovranno consentire di utilizzare parte dei contributi anche per eventuali interventi al contatto con le proprietà non danneggiate, al fine di ridurre nel modo meno gravoso eventuali  negative interazioni strutturali con gli edifici contigui. Allo  scopo vanno  previsti e adeguatamente finanziati  gli strumenti  per ottenere il coordinamento dei progetti e degli interventi negli aggregati, tra cui la costituzione di consorzi obbligatori, senza escludere anche quote di contributi per la redazione di  preliminari progetti-guida pubblici  o privati a scala di aggregato per accelerare e migliorare la progettazione edilizia coordinata in aggregato.

Tra i contributi per i soggetti che abitano locali sgombrati dalla PA  (art.3, comma 1, lettera e) per ridurre la necessità di aree e strutture per il ricovero temporaneo della popolazione, sempre nell’ottica di ridurre costi e consumo di suolo, potrebbero essere  ammessi anche  interventi edilizi leggeri (da definire) per la suddivisione in più unità immobiliari di edifici attualmente unifamiliari. Pur scontando le resistenze culturali, il momento economico potrebbe consentire a famiglie, soprattutto di anziani, proprietarie di case unifamiliari di ampia metratura  a densificare l’uso del proprio patrimonio immobiliare, ricavandone un reddito e riducendo le spese di gestione.

5.     Il patrimonio storico

Va anche ricordata , in proposito ai livelli di sicurezza nel miglioramento sismico, la flessibilità introdotta dalla DPCM 9.2.2011  “Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle NTC di cui al DM 14.1.2008”. Nella regione Emilia-Romagna tale flessibilità si applica anche agli immobili di interesse storico-architettonico individuati dalla pianificazione comunale (art.16 Lr 19/2008).

La conservazione dei valori dei centri storici e degli insediamenti storici del territorio rurale, in particolare per l’edilizia storica di base (di interesse storico-testimoniale) e per il patrimonio rurale, testimonianza di un sistema insediativo e culturale molto caratterizzato, suggerisce poi di lasciare qualche margine di flessibilità nel raggiungimento dei livelli di prestazione sismica fissati dal DL 74/2012 e dagli emendamenti in corso , come peraltro la vigente NTC ammette al punto 2.1 e al cap. 8, considerando comunque  nella entità dei contributi, oltre ai livelli di sicurezza raggiunti,  il valore ambientale, culturale, sociale   e produttivo che la vigente normativa regionale per il governo del territorio assegna ai centri storici ed  agli insediamenti e infrastrutture storici del territorio rurale: solo così si potrà prevenire  il ricorso ampio a semplicistiche soluzioni di ricostruzione, difformi dalla normativa regionale per il governo del territorio ovvero all’ abbandono di valori testimoniali, anche rurali.

A proposito del patrimonio culturale, le  disposizioni per la rimozione e il ricovero dei beni culturali e archivistici mobili e per la rimozione controllata e ricovero delle macerie selezionate del patrimonio culturale danneggiato appaiono necessitare di precisazioni per garantire un’effettiva attuazione (vedi anche art. 17).

Bologna     11.7.2012

Il documento



[1] Questa relazione tra interno ed esterno del cratere è stata teorizzata nella letteratura internazionale in casi statunitensi e giapponesi (Kates, 1977; Edgington, 2009) ma è rilevabile anche da molti passi relativi alla ricostruzione in Belice ma soprattutto Irpina in termini di squilibrio e in Friuli e Umbria-Marche in termini di sostanziale equilibrio (Guidoboni, 2011; Nimis, 2009; Barbieri, 2007; Cannarozzo, 1996).

[2] Anzalone M. (2008), L’urbanistica dell’emergenza, Firenze, Alinea.

[3]Studio propedeutico all’elaborazione di strumenti d’indirizzo per l’applicazione della normativa sismica agli insediamenti storici”, presentato all’Assemblea Generale del Consiglio Superiore il 20.04.2012, tra l’altro contenente indicazioni per l’approccio urbanistico alla riduzione del rischio, in realtà utili per ogni tipo di insediamento.

[4] Si ricorda l’importanza data alla programmazione di priorità negli interventi sulla città pubblica che indica la metodologia della   Struttura urbana minima SUM suggerita nella legge regionale Umbria n. 11/2005.

 

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