I cambiamenti dopo il contagio. Nuovi strumenti in cantiere, tra smart city e partecipazione

17/04/2020
Sono svariate le ipotesi e le supposizioni sulle modalità e le caratteristiche della fine del cosiddetto lockdown nelle nostre città. Un comitato tecnico costituito per lo scopo è al lavoro. Quello che ormai sembra acquisito è che si tratterà di un processo molto graduale, scadenzato sulla base del livello di rischio assegnato a ogni attività sociale e professionale. In più si può affermare che la transizione sarà diversa a seconda del settore. In alcuni casi si tratterà di un ritorno alla “normalità”, in altri dell’affermazione di un cambiamento. Lo scenario urbano è coinvolto in prima battuta.

Nel dibattito che si è sviluppato in queste settimane in molti hanno chiamato in causa la tecnologia. Il governo ha indetto un bando per individuare una applicazione che dovrebbe essere in grado di monitorare un campione significativo della popolazione, per prevenire la diffusione del contagio prima che la cura, o il vaccino, lo debelli del tutto. La tecnologia potrà essere d’aiuto anche su scale più ampie di quelle “micro” che chiamano in causa i singoli individui. E’ il cuore della collaborazione tra Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Istituto Nazionale di Urbanistica: l’accordo che i due soggetti hanno siglato solo tre mesi fa potrà tornare utile per sviluppare attività e azioni di contrasto e prevenzione rispetto al contagio da coronavirus.

Si tratterà di sviluppare modelli e applicazioni sulla base del progetto “Urban Intelligence” che, spiega Giordana Castelli, responsabile della Community dell’Inu Smart cities/Smart Communities, che cura il progetto e la collaborazione, permette di lavorare sulla “conoscenza, la costruzione di scenari e la gestione della resilienza nel post – evento”. Urban Intelligence si avvale a sua volta del “Digital Twin Model”, in grado di riprodurre virtualmente le città e le parti di città che si studiano.

E’ di fatto un’integrazione del concetto di smart city, che può diventare uno strumento di costruzione di ipotesi per affrontare le emergenze. Si può ad esempio studiare e mettere a sistema la correlazione tra la diffusione del virus e l’inquinamento, oppure mettere in relazione il modello urbano con il tasso di espansione dell’epidemia. Il passo successivo può essere quello di realizzare “scenari ottimali di gestione urbana”. Attraverso quali strumenti può avvenire la ripresa? Quale potrebbe essere, ad esempio, il nuovo ruolo della logistica, o delle infrastrutture?

“Quello che è certo – dice Castelli – è che questa pandemia ci ha insegnato che non è sufficiente analizzare e studiare un singolo dato, una singola fonte di dati. Occorre realizzare sistemi complessi per integrare diverse provenienze di dati”.

Si ragiona di novità e cambiamenti, in generale, in tutti i settori e in tutte le attività che hanno vissuto finora fondandosi sul pilastro della riunione e del confronto dal vivo, in breve, sugli assembramenti. Vale quindi anche per le pratiche della partecipazione dei cittadini nel governo del territorio. Raffaella Radoccia, per la Community Inu “Processi partecipativi e governo del territorio”, rivela come fosse ormai in corso un passaggio da strumenti tradizionali, affidati all’ascolto sociale e al coinvolgimento diretto, a strumenti innovativi affidati a piattaforme digitali, smart communities e open data system. Questa situazione di emergenza ha evidentemente reso più veloce il passaggio.

Radoccia spiega che da questo punto di vista molte amministrazioni avessero a più riprese sperimentato forme di networking e di consultazione pubblica a distanza  – esempio dei Comuni di Pescara, di Firenze o di Milano su alcuni progetti, dei Ministeri come e Dipartimenti centrali – nella promozione di progetti nazionali ed europei. Ora la riflessione potrebbe essere centrata sulle modalità per unire i vantaggi del dialogo diretto con il territorio con le tecniche digitali di partecipazione e diffusione della conoscenza, nella consapevolezza di dover procedere per aggiustamenti progressivi e alla valutazione dei rischi statistici presenti nell’allargamento delle procedure online. Rivolgendo una attenzione particolare alle esigenze che saranno espresse in materia di servizi urbani e di presìdi territoriali dopo la pandemia.

Radoccia sottolinea che il cambiamento che investirà le pratiche e i processi di partecipazione è destinato a essere profondo, anche rispetto ai luoghi della partecipazione e della socialità, come cercano di capire alcune ricerche appena avviate nelle Università europee, da Milano a Torino, da Berlino a Amsterdam. Radoccia chiede: “Lo spazio pubblico continuerà a essere uno spazio di relazione, o almeno lo sarà nella misura in cui lo è stato finora? Lo spazio dei servizi per quanto tempo sarà lo spazio delle relazioni future? Si può immaginare uno spazio di relazione solo virtuale che riesca ad essere parte delle pratiche quotidiane?”. Di sicuro il nostro sguardo sta cambiando e con esso dovranno cambiare gli strumenti della partecipazione. Qui si apre una riflessione integrata a partire dalle domande sui cambiamenti nelle nostre città post Covid19.

Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica

Articolo pubblicato in: Comunicazioni, In Evidenza, InuInforma, NL
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