La posizione dell’INU nell’audizione al CNEL sui temi dell’energia

25/06/2012
A cura della Commissione nazionale “Ambiente, Clima, Consumo di suolo”
documento a cura di A.Filpa, G.Fini, S.Ombuen, S.Pareglio

1 – Valuta utile che l’Italia impegni l’Unione Europea per creare un sistema energetico integrato euro mediterraneo e per la realizzazione di infrastrutture energetiche transeuropee/transmediterranee?

La costruzione di politiche energetiche nazionali dotate di un quadro strategico di contesto è di certo da considerare come assolutamente prioritaria, come pure la costruzione di partenariati di ambito euro mediterraneo. Resta invece da stabilire se si voglia costruire un modello energetico, pur nell’utilizzo delle FER, che ricostruisca interdipendenze quali quelle avute nel ciclo dei combustibili fossili, ovvero assumere almeno in prospettiva un modello di progressiva autosufficienza territoriale, anzitutto riaffermando la  capacità locale di recuperare i potenziali energetici non adeguatamente sfruttati con reti sempre più intelligenti nella gestione dei flussi di energia provenienti dalle diverse fonti e a servizio delle mutevoli esigenze di consumo.

2 – Ritiene necessario definire una Road map nazionale, anche con orizzonte temporale a medio-lungo termine (2030-2050), per indirizzare il sistema di produzione e consumo energetico verso una transizione ad una economia a basso contenuto di carbonio?

Assolutamente si, l’obiettivo della decarbonizzazione richiede adeguati livelli di programmazione, sia  intersettoriale che fra diversi livelli di governo, in coerenza conla Energy Roadmapto 2050  [COM(2011) 885 def.]. Peraltro sarebbe opportuno chela Roadmap nazionale fosse articolata per periodi quinquennali, con target verificabili, sul modello del Climate Change Acto (2008) del Regno Unito.

3 – Quali sono le sue valutazione in merito al processo di liberalizzazione del mercato dei servizi energetici?

Se la liberalizzazione vede la qualità dei servizi erogati presidiata da un buon controllo pubblico, non esistono particolari problemi alla liberalizzazione, che può risultare premiale per i soggetti più efficienti, ed in grado di seguire in modo proattivo il processo di progressiva riduzione della dipendenza energetica dei territori che si svilupperà con la decarbonizzazione.

4 – Come ritiene che debba essere modificato l’attuale mix energetico nazionale al fine di allineare la transizione nazionale agli obiettivi europei?

Il territorio italiano è fra i più ricchi del Mondo quanto a diversificazione delle suscettibilità di produzione energetica da fonti alternative diffuse. In Italia è possibile (e più conveniente che altrove) promuovere sistemi di produzione sinora poco utilizzati, e sui quali il Paese è potenzialmente in grado di esprimere primazie tecnologiche ed operative a livello mondiale. Si ricordano a solo titolo di esempio settori quali la geotermia (anche a bassa entalpia),le correntimarine, il microidroelettrico, il recupero energetico dagli scarti degli allevamenti e della produzione agricola e alimentare.

5 – Quali processi di trasformazione è possibile prevedere nel rapporto tra un mutato mix energetico e politiche industriali? Quali pensa siano i settori industriali più sensibili (raffinazione, auto, …)? Ritiene necessario predisporre fin da ora strumenti di sostegno alla transizione ed eventualmente quali?

Il problema non è difendere settori industriali maturi od obsoleti dai fenomeni di trasformazione dei paradigmi produttivi, ma di fare in modo che la riconversione degli apparati produttivi sappia intercettare tali nuovi paradigmi o meglio li anticipi, facendoli divenire gli assi su cui ricostruire nuove politiche industriali. Ad esempio, il problema non è l’auto di per sé, ma quale diversa risposta dare alle necessità di mobilità di massa. Nella succitata prospettiva, i settori più investiti dall’innovazione possono essere quelli dell’ingegneria meccanica, e dell’industria dei materiali e dei componenti (specie per l’edilizia).  Inoltre in linea generale il settore dei sistemi intelligenti (hardware e software) per la gestione dei flussi di energia e materia e del riciclo.
In tal senso occorre valutare attentamente quale orientamento dare a settori maturi in grave crisi, come la petrolchimica, che vedranno probabilmente in futuro ulteriori decrementi da parte della domanda interna.

6 – Come pensa che la fiscalità possa diventare uno strumento efficace in campo energetico al fine del duplice obiettivo di ridurre la bolletta energetica nazionale e ridurre il livello di emissioni di gas climalteranti?

Si può proporre di introdurre un aggravio dell’IMU per gli edifici non in classe energetica A o B, eventualmente da impiegare per le detrazioni fiscali previste per l’efficientamento energetico degli edifici. Un altro elemento può essere l’introduzione di quote di fiscalità di scopo, che leghino una parte dei gettiti a destinazioni premianti i comportamenti virtuosi (ad esempio destinando i proventi alla rigenerazione urbana).

7 – Il Piano d’Azione Italiano per l’Efficienza Energetica (PAEE 2011) indica le possibili aree di intervento e le azioni da intraprendere. Ritiene adeguato il Piano sia in termini di obiettivi che di strumenti operativi con meccanismi di incentivazione previsti?

Il PAEE 2011 è da considerare insoddisfacente, sia per quanto riguarda i temi affrontati (in queste stesse risposte si possono riscontrare elementi non considerati dal PAEE 2011), sia per quanto riguarda gli strumenti operativi individuati. Si segnala che quasi tutti gli strumenti previsti (es. contributi 55%, Conto energia, ecc.) vengono oggi governati di fatto al di fuori dei pur poco incisivi obiettivi individuati dal Piano. Inoltre il piano è stato elaborato in un contesto diverso dall’attuale, che si presenta completamente mutato, specie in ordine alle prospettive di medio e lungo periodo.

8 – Il Piano d’azione nazionale sulle energie rinnovabili (PANER 2010) fissa i target settoriali e indica approcci e strumenti per raggiungere l’obiettivo europeo (vincolante) per l’Italia pari al 17% al 2020. Ritiene che il percorso indicato sia ancora valido anche alla luce dell’obiettivo che già si raggiunge nel 2012 nel campo elettrico? In che modo il piano andrebbe rivisto? Ritiene che gli strumenti attualmente messi in campo siano adeguati ed equilibrati? Se no, come andrebbero modificati?

Gli obiettivi di Europa 2020, scritti in una congiuntura economica molto diversa da quella attuale, non possono essere realisticamente assunti quale riferimento per la formazione delle attuali politiche. La necessità di operare una drastica riconversione industriale per riqualificare la posizione dell’Italia nel panorama della divisione internazionale del lavoro chiede che l’assunzione della c.d. green economy venga operata in tutte le sue molteplici dimensioni, superando la tradizionale visione settoriale dell’energia. Il rilancio degli investimenti necessari alla realizzazione di più avanzati obiettivi di riduzione delle emissioni,  oltre ad auto sostenersi grazie ai risparmi ed alle efficienze, può efficacemente contribuire al rilancio economico del Paese.
In particolare, rispetto alle previsioni del PANER2010, a fronte del sostegno allo sviluppo delle FER e dell’efficienza energetica negli immobili, discutibile nei modi ma comunque già esistente e praticato, occorrerebbe potenziare le azioni per la razionalizzazione insediativa in chiave energetica (blocco dell’edificazione sparsa, demolizione del patrimonio più inefficiente ed obsoleto, avvio di programmi di teleriscaldamento e di costruzione di distretti energetici urbani) e per il trasferimento modale nei trasporti di merci e persone, verso modi a basse o nulle emissioni (es. trasporti su ferro, cabotaggio, ciclabilità).

9 – Ritiene che le attuali politiche in materia di contenimento delle emissioni di gas serra siano adeguatamente integrate con le politiche di settore, a cominciare da quelle di incentivazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza, per arrivare a quelle più generali sullo sviluppo delle infrastrutture energetiche nazionali, del sistema dei trasporti e della pianificazione territoriale? Se no, in che modo tale integrazione andrebbe rafforzata?

Non si può che constatare la mancata realizzazione delle richiamate integrazioni intersettoriali, fonte di rilevanti problemi in materia di governo del territorio in Italia.  La gravità e la rilevanza della crisi in atto richiedono una coesione intersettoriale ed una finalizzazione operativa nel governo integrato del territorio molto più alte di quanto non si sia potuto riscontrare sino ad oggi. Ai fini della costruzione di una corretta ed efficace governance del percorso di de carbonizzazione è necessario che il percorso di condivisione dei diversi livelli istituzionali (Stato, regioni, comuni) costruisca in modo concertato e condiviso la ripartizione dei compiti (burden sharing), attraverso una opportuna differenziazione su base territoriale, in relazione ai potenziali delle diverse risorse presenti.
Occorre inoltre che, ai fini di un efficace e tempestivo percorso di attuazione, gli obiettivi climatici e di de carbonizzazione (azioni di mitigazione e azioni di adattamento) escano da una dimensione di settore e vengano riconosciuti quali componenti sostanziali della pianificazione urbanistico-territoriale, con gli opportuni raccordi fra programmazione nazionale e regionale e pianificazione d’area vasta e locale.

10 – Come valuta la proposta di portare i Biocarburanti dall’attuale quota del 2-3% al 20% nei prossimi 30 anni. In particolare ritiene che possa avere ripercussioni critiche sulla agricoltura? Più in generale, quale ritiene debba essere il ruolo delle fonti rinnovabili nel settore dei trasporti nei prossimi decenni, ed in questo quale peso devono avere i biocarburanti?

La produzione di biogas (attualmente poco utilizzata in Italia come vettore per i trasporti) va di certo promossa e sostenuta, senza tuttavia impegnare in via principale la produzione agricola in tale settore, ed invece indirizzandovi il recupero della frazione organica nei cicli dei rifiuti e delle acque reflue. Fra l’altro circa l’8% dei gas serra è prodotto dai rifiuti, e quindi un riciclo integrale ha una intrinseca capacità di produrre sostenibilità.
L’agricoltura va invece destinata a svolgere funzioni di manutenzione e restauro del territorio, e difesa idrogeologica, nonché alle funzioni di produzione food, di cibi di qualità, a sostegno della filiera delle specialità alimentari, ad elevato valore aggiunto e ad alta coerenza rispetto ad usi sostenibili del territorio e alla valorizzazione del patrimonio storico artistico e culturale. Limitando le attività agricole non food solo nelle aree non diversamente impiegabili, e comunque impedendo attività pregiudiziali al rispetto degli equlibri ambientali, della protezione della biodiversità, della tutela paesaggistica.

11 – Quali ritiene debbano essere le principali priorità a medio termine per lo sviluppo delle infrastrutture energetiche (smart grid, super grid, sistemi di accumulo, etc)? Attraverso quali strumenti e modalità questo sviluppo dovrà essere promosso? Quali i meccanismi di finanziamento?

Dati la prosecuzione del calo della domanda e l’incremento della capacità produttiva delle FER, anche nei settori capaci di funzione anticiclica come geotermia e biogas, i principali elementi sui quali appare opportuno intervenire sono quelli che ostano alla costruzione di distretti energetico-territoriali tendenzialmente autosufficienti, connessi e federati tra loro dalla rete energetica nazionale per scopi principalmente di bilanciamento (si segnala in merito che la produzione di biogas può porre a Italgas dei problemi simili a quelli che le FER elettriche vanno ponendo a Terna). È indispensabile giungere, con l’azione di pianificazione nazionale e regionale e con il concorso dei gestori energetici alle diverse scale, ad una nuova pianificazione del sistema energetico nazionale, che superi le attuali contraddizioni (es. sistemi di produzione da FER inattivi perché la rete non è in grado di recepirne la produzione) e divenga infrastruttura capace di azioni di promozione e supporto alla riconversione dei territori e dei sistemi industriali verso modelli energetici ad alta efficienza, nella prospettiva della de carbonizzazione.

12 – Data l’importanza del gas nel mix energetico nazionale, anche nella fase di transizione, quali ritiene siano i principali colli di bottiglia su cui intervenire?

Come già in precedenza richiamato il peso dei combustibili fossili nella produzione energetica nazionale è da considerare in via di riduzione, ed il suo ruolo destinato a migrare verso la complementarietà e non più di portanza. In tale indirizzo i principali elementi sui quali intervenire sono quelli che ostano alla costruzione dei distretti energetico-territoriali e delle reti federative di cui sopra. Ad esempio, l’attuale dotazione di rigassificatori, già sovrabbondanti rispetto alla domanda nazionale effettiva, non costituisce un collo di bottiglia. Il vero collo di bottiglia è la dipendenza energetica di per sé, non le diverse attrezzature incaricate di reiterare la dipendenza.

13 – Ritiene opportuno, nell’ambito delle strategie per ridurre le emissioni in atmosfera di gas serra, investire in direzione delle tecnologie di cattura e sequestro del carbonio ? E in che modo questa tecnologia può (deve) essere connessa all’aumento del carbone nel mix energetico nazionale?

Nella prospettiva della decarbonizzazione dell’economia italiana, occorre per quanto possibile ridurre l’utilizzo del carbone nel mix energetico. Del resto il rapido aumento della produzione da FER sta già oggi ponendo il problema della dismissione di almeno una parte dell’eccesso di capacità produttiva di energia da fonti fossili; e di certo entro una prospettiva di corretto bilancio delle emissioni i primi candidati alla chiusura sono gli impianti a maggior rilascio di CO2 per unità energetica prodotta, quali appunto gli impianti a carbone. Da tale punto di vista esiste il rischio che nella determinazione dei criteri di scelta prevalga il costo attuale per Kw prodotto, che vede oggi il carbone ancora competitivo, senza considerare, oltre agli aspetti di emissioni climalteranti e nocive, anche l’onerosità che deriverebbe da una rapida obsolescenza tecnologica e dal prevedibile futuro rincaro delle fonti fossili.
Quanto ai sistemi di cattura e sequestro di CO2 si segnala che allo stato dell’arte non esistono ancora sistemi di sequestro ed accumulo veramente sperimentati ed affidabili, e che esiste comunque una quota di rischio connessa ad accidentali ed improvvisi quanto ingenti rilasci, che possono avvenire in occasione di eventi naturali di tipo disastroso, quali terremoti, eruzioni, eventi climatici estremi, purtroppo significativamente frequenti in Italia, e connotati da livelli crescenti di gravità.
Si segnala infine l’elevata fragilità del territorio italiano, e la conseguente assai scarsa suscettività a divenire oggetto di interventi di ingegneria ambientale a vasta scala. Caso mai va invece attentamente considerata l’opzione della riforestazione, anche in ambito urbano, che ha la capacità di accoppiare agli effetti di sequestro altri e ben più importanti effetti ambientali, quali la fitodepurazione dei suoli, l’abbattimento di polveri e inquinanti, la riduzione dell’inquinamento acustico, il sostegno alla biodiversità, i benefici rilevanti apportati alle politiche di adattamento climatico.

14 – Quali ritiene debbano essere le principali linee di investimento nelle attività di ricerca, innovazione e sviluppo in campo energetico?

Come già indicato nella risposta al quesito n. 5, i settori più investiti dall’innovazione possono essere considerati quelli dell’ingegneria gestionale, dei sistemi informativi, della gestione del territorio, il settore industriale metalmeccanico-infomeccanico, l’industria dei materiali e dei componenti (specie l’edilizia), l’elettronica, l’aerospaziale connesso al remote sensing, il settore dei sistemi intelligenti per la gestione dei flussi di materia e di energia, e del riciclo.

15 – Ritiene necessario valutare i possibili scenari di sviluppo dell’occupazione legati all’innovazione tecnologica in campo energetico e favorire la progettazione di interventi formativi finalizzati che possano accompagnare le trasformazioni in atto?

Le implicazioni cognitive del cambio di paradigma produttivo connesso all’introduzione sistematica della green economy ha di certo rilevanti risvolti in termini di nuovi profili di competenze scientifiche ed operative, e produrrà importanti domande di interventi formativi, sia nel campo della ricerca e della riproduzione del sapere che nella formazione professionale, sia nel settore privato che in quello pubblico, ed in particolare nelle attività connesse alla gestione del territorio e dell’ambiente.

16 – Ritiene che l’attuale ripartizione delle competenze in materia di energia siano correttamente ripartite tra il livello nazionale e quello regionale? In un quadro di ridefinizione delle competenze quale pensa possa essere il ruolo dei sindaci?

Il problema della ripartizione delle competenze non può essere indagato in modo separato dall’individuazione più generale dei nuovi e diversi compiti da svolgere. Ad esempio la prospettiva di creazione e gestione dei distretti energetici territoriali pone il problema del governo del territorio alla scala dell’area vasta, che i recenti provvedimenti di taglio dei costi della Pubblica Amministrazione e di riduzione del numero delle province aggravano anziché aiutare.
In particolare per quanto riguarda il ruolo determinante dei sindaci e dei comuni, essi debbono divenire gli interlocutori locali per la costruzione cooperativa multilivello della politica energetica nazionale, portando le azioni locali promosse dai PAES ad interloquire con le azioni promosse dalle regioni in applicazione del burden sharing siglato con il Governo in applicazione del Protocollo di Kyoto e degli accordi di Rio.

17 – Ritiene che l’attuale processo decisionale relativo alla realizzazione di impianti energetici coinvolga adeguatamente le comunità locali interessate?

Le attività partecipative in Italia sono di per loro stesse in linea generale poco curate, quando non evitate o boicottate, da molti dei principali stakeholders. Occorre però segnalare che la pervasività dei temi connessi al cambiamento climatico e alla gestione del territorio chiedono che lo sviluppo delle attività partecipative assuma carattere permanente, divenendo componente sostanziale di ogni programma operativo. Si coglie l’occasione per evidenziare il nesso fra partecipazione e ricostituzione della cittadinanza attiva.

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