Un riformista al governo del territorio della Toscana

21/09/2017
riccardo conti

Il 6 settembre ci ha lasciato Riccardo Conti. Membro effettivo dell’Inu e grande animatore nell’Istituto del dibattito su un nuovo modo di governare le trasformazioni nei territori della contemporaneità.

Era nato a Firenze sessantasei anni fa. Di questa città e della Toscana fu protagonista politico fin dall’inizio degli anni Settanta, quando assunse la carica di Direttore dell’Istituto Gramsci Toscano. Due anni dopo divenne Segretario di zona del Pci nel Valdarno e successivamente Responsabile del Dipartimento economico della Federazione Fiorentina del PCI, incarico che mantenne fino alla nomina di Assessore all’Economia e al territorio della Provincia di Firenze (1990-1995), e poi anche di vicepresidente della Provincia nel successivo mandato (1995-2000). Alle elezioni regionali del 2000 venne eletto al Consiglio regionale della Toscana e nominato Assessore, incarico che mantenne fino al 2010.

Lo incontrai per la prima nella sua veste di responsabile del Dipartimento economico della Federazione Fiorentina nella seconda metà degli anni ’80. Mi ero appena trasferito a Firenze, dove avevo trovato lavoro come Ricercatore esterno all’Ires Cgil. Da allora si stabilì tra noi una reciproca simpatia e una grande empatia che ci ha portato ad essere molto vicini e a collaborare insieme per un decennio, quando divenne Assessore regionale della Toscana nella VIIª legislatura dal 2000 al 2005 (con deleghe a: Urbanistica, Infrastrutture, Viabilità e trasporti, Casa) e nell’VIIIª dal 2005 al 2010 (con deleghe a: Territorio, Infrastrutture, Logistica, Viabilità, Trasporti, Urbanistica, Programmazione territoriale, Programmazione e coordinamento per gli interventi di tutela del paesaggio).

Deleghe “pesanti” che Riccardo ha trasformato in momenti di riflessione sulle reali capacità gestionali che la macchina amministrativa regionale – ancorata ancora alle deleghe settoriali – poteva svolgere. Non solo ha, soprattutto, utilizzato quel ruolo per mettere a punto (quello che io qui definisco) un programma politico riformista per il governo del territorio, che abbandonasse il solco del Novecento e si incamminasse nei territori incerti della “modernità”. Una frase ho trovato nei miei quaderni che mi aiuta a sottolineare il suo programma: «Il riformismo oggi è il tentativo di interrogarsi e di darsi risposte concrete alle nuove contraddizioni di questa epoca collegandole con gli ideali e la cultura della Sinistra. Se vuoi, è il tentativo di contrastare l’affermarsi del pensiero unico governando da sinistra la modernizzazione».

Penso che questo sia stata la costante preoccupazione che lo ha guidato nel suo progetto politico di amministratore e di uomo della sinistra comunista: coniugare economia e sviluppo, governo dei fatti economici e governo dello spazio entro cui quei fatti prendevano corpo.

Ciò spiega il perché nell’azione amministrativa, sia alla Provincia di Firenze, sia alla Regione Toscana, abbia ricercato e ottenuto la delega alla pianificazione territoriale e urbanistica, coniugandola con un corollario di altre deleghe tale da dare senso unitario all’intervento politico-amministrativo. In entrambe le esperienze è stato il più longevo assessore al territorio dei due enti nello stesso ruolo.

Il laboratorio di questo connubio è stata l’esperienza come Assessore alla Provincia di Firenze dove la sua principale azione è stata quella di predisporre il Piano territoriale di coordinamento provinciale, uno dei primi piani approvati in Italia dopo l’entrata in vigore della legge nazionale 142 del 1990. Lo definisco “laboratorio” perché si è trovato nella felice posizione di avere nello stesso tavolo “questioni” territoriali e “questioni” economiche. Il tavolo ha, al contempo, intercettato il dibattito nazionale e regionale sullo sdoppiamento del piano regolatore generale tra una parte strategico-strutturale e una parte operativa. Dibattito che portò al cosiddetto modello INU di pianificazione presentato nel 1995 e alla legge regionale della Toscana n. 5 del 1995, significativamente titolata “norme per il governo del territorio”. Con una anticipazione di cinque anni rispetto alle modifiche costituzionali del 2001.

È proprio in questo laboratorio che elabora il progetto politico riformista di abbandonare la tradizionale visione della pianificazione gerarchica, separata e fortemente normativa, per un approccio più aperto, più strategico e dinamico, costruito con percorsi collaborativi a livello istituzionale e partecipativo per tutti gli altri interessi diffusi, quindi “parlando con tutti”.

Progetto politico che ha poi racchiuso in una efficace frase “bandiera”: «far da sé, ma non da soli».

È proprio questo l’obiettivo che pone come programma di lavoro quando si insedia alla Regione Toscana dove, contrariamente alla Provincia, poteva trasferire il suo laboratorio e le pratiche che vi prendevano corpo, in legge regionale. Quindi in dispositivo che avesse un respiro lungo.

Sempre ricorrendo ai miei appunti, in una delle prime riunioni che convoca per discutere il Piano di Indirizzo Territoriale (PIT 2000-2005) regionale vigente, chiede: «la costruzione di sfondi condivisi di livello regionale in un procedimento di natura agerarchico come sistema regolatore per attivare la libera concorrenza tra gli operatori nel mercato secondo regole comuni». E in questo spirito fa pubblicare dalla Regione nel 2003 “in forma discorsiva ed illustrata” il PIT, perché potesse diventare strumento che parlasse il linguaggio comune delle persone e non solo quello tecnico-programmatico degli apparati amministrativi.

Un notevole cambio di prospettiva politica e di gestione amministrativa che coniuga con la presentazione di una nuova legge regionale, la cosiddetta “super5”, che poi diventerà la legge regionale 1 del 2005 (largamente ancora in vigore, perché la modifica fatta con la legge regionale 65 del 2014 non ne ha modificato la struttura). “Super5” perché doveva correggere e superare le criticità presenti, soprattutto quelle collegate all’articolo transitorio: il 40. Ed è proprio utilizzando un comma di questo articolo che nasce la cosiddetta “questione Monticchiello”, che tanta amarezza riservò all’intero gruppo di lavoro allora impegnato a riscrivere le regole del gioco per il governo del territorio. Regole che, per la prima volta, portarono ad una nuova legge regionale che metteva a sistema tutte le disposizioni, dalla pianificazione all’edilizia: un vero e proprio “codice per il territorio”.
È nel Piano di Indirizzo Territoriale 2005-2010 che il suo progetto politico viene inscritto. Il territorio è la principale risorsa in mano alle pubbliche amministrazioni e in quanto risorsa comune e bene pubblico per eccellenza non può essere considerato alla stregua di un “semplice” settore delle pubbliche amministrazioni, perché esso stesso è l’essenza dell’amministrazione. Una sottolineatura molto forte, ma chiara: «Solo se il territorio da pura merce di scambio, da pura risorsa da sfruttare, ritorna ad incorporare soprattutto valore d’uso, solo quando esso da puro patrimonio ritorna a incorporare anche valore di esistenza per le persone e le comunità, può tramutarsi in un diverso e nuovo generatore di produttività e in un diverso modo di promuovere qualità».
Questo è stato Riccardo Assessore regionale. Il PIT 2005-2010 lo testimonia ancora adesso, perché nonostante la parte paesaggistica sia stata innestata nel 2013, la parte strategica è rimasta inalterata ed è ancora vigente, a dimostrazione della robustezza argomentativa degli indirizzi assunti e del lavoro fatto.

Per Riccardo la qualità di un territorio non era una “proprietà” data una volta per tutte, né una peculiarità statica inalienabile e fissata una volta per tutte su un documento di piano e basta, ma caratteristica dinamica, soggetta alla naturale evoluzione del tempo e fatta da varie forme di alterità per gli usi che le comunità potevano esprimere su di esso. Mantenere la qualità e accrescerla non significava solo proteggere le risorse territoriali sulle quali la qualità si fonda, quanto rafforzare le comunità che nel territorio vivono e si riproducono e quella qualità valorizzano e moltiplicano.

Da molti questo programma non fu capito, anzi venne etichettato come “sviluppista” perché più attento ad argomentare la valorizzazione che non le tutele; e, al contempo, fu etichettato anche come “timido” dai difensori della conservazione tout court, nonostante un grande lavoro sul paesaggio condotto in sinergia con il Mibact e non formalizzato in un accordo per una grande sensibilità politica: chiuso a ridosso della fine della legislatura regionale, per questo rimandato alla successiva. Con il senno di poi …. un errore.

Eppure per Riccardo valorizzazione e conservazione attiva dovevano convivere e nutrirsi insieme di governo cosciente. Per essere compreso in questa sua scelta amava spesso citare la frase di Italo Calvino: «la memoria conta solo se si tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di diventare senza smettere di essere e di essere senza smettere di diventare».

Troppo per un politico riformista proiettato a guardare oltre gli sguardi dell’occhio. È in questi sguardi lunghi che viene elaborato il progetto riformista di ridefinire modo, prassi e programma dell’azione regionale, coniugare pianificazione e programmazione in un’unica azione coordinata e coesa all’interno, leggendo il territorio regionale nella sua unitarietà e dando senso alle parti in un unico sfondo conoscitivo.

Con questa impostazione sinergica nasce in Toscana il raccordo tra programmazione (con la legge regionale 61 del 2004) e pianificazione (con legge regionale 1 del 2005), rendendo quest’ultima prevalente sulla prima. Così infatti recita l’art. 5bis della 61: il «Programma regionale di sviluppo individua le strategie dello sviluppo territoriale, nel rispetto di quanto disposto dallo Statuto del territorio del piano di indirizzo territoriale della Regione». Ricucendo così una divisione risalente in Italia all’inizio degli anni Sessanta e mai più ridiscussa.

Per Riccardo la programmazione dello sviluppo (anche locale) non poteva essere scissa dalle politiche di controllo e governo del territorio. I due momenti non dovevano essere né separati né pensati separatamente. Dovevano essere costruiti in maniera coesa e allineati nello stesso tavolo di progetto.
Per Riccardo il territorio era un progetto politico. Se il territorio è un progetto politico, se esso è l’espressione della comunità nella sua interezza – diceva – la pianificazione e la programmazione sono i principali ambiti decisionali entro cui devono inscriversi le strategie di lungo periodo, che hanno uno sfondo squisitamente politico. Così la macchina amministrativa non poteva essere una “banale” macchina fatta di settorialità e gestita a settori, quanto doveva essere l’espressione dell’amministrazione.

Da qui l’idea di un doppio passaggio nelle pratiche d’azione pubblica: definire una Dichiarazione di indirizzi statutari e strategici della pianificazione, approvata a maggioranza qualificata, fondata sull’organizzazione di qualsiasi intervento sul territorio (da quello della netta conservazione e tutela delle parti fisiche che si vogliono comunemente preservare a quello della trasformazione) secondo programmi validi per il periodo di vita di un governo; un Documento di piano che definisca scelte e opzioni programmatiche a tempo. Un doppio passaggio che presupponeva che la delega alla pianificazione e governo del territorio e quella alla programmazione fossero accorpate in una, sotto il controllo esclusivo del primo responsabile politico: Sindaco o Presidente che sia.

Troppo innovativa la proposta politica, troppo radicale il cambiamento per quella tecnica. Da alcuni non fu capita e da molti, impauriti dalla radicale innovazione tecnica, osteggiata. Così alla boa del cambio amministrativo del 2010 non fu riconfermato e, con questo allontanamento dalla gestione regionale, anche l’azione innovatrice bloccata.

Riccardo spiega e rilancia il progetto politico (significativamente titolato: “a futura memoria”) nel XXVII° Congresso nazionale dell’Inu, tenuto a Livorno il 7-9 aprile 2011, che diventa così patrimonio dell’intero Istituto. Ma si ferma a livello regionale, che sceglie invece di riportare le lancette del calendario amministrativo molto indietro nel tempo: a 16 anni prima, restringendo la delega al governo del territorio alla sola “urbanistica, paesaggio e cartografia”.

L’amarezza di questa interruzione è resa ancora più difficile nel 2012 perché indagato per corruzione e truffa nell’ambito dell’indagine sulla “bretella fantasma” Lastra a Signa-Prato e poi completamente prosciolto dalla stessa Procura di Firenze. Una vicenda cha lui stesso ha definito «molto dolorosa», che ha lasciato un profondo solco.

Riccardo Conti ha parlato e scritto molto sul suo progetto politico riformista. Per chi volesse ripercorrerlo segnalo i seguenti testi facilmente recuperabili:

–          …a futura memoria: appunti per un’agenda in corso d’opera, Passigli Editori, Firenze 2010

–          Innovare e amministrare. Un anno di dibattito pubblico in Toscana, Polistampa, Firenze 2008

–          «La concertazione urbanistica a scala regionale. Alcune interpretazioni da un’esperienza in corso», incontro La concertazione urbanistica Roma, Hotel Ambasciatori, 16 novembre 2006 (atti)

–          «Presentazione» a in Regione Toscana-Giunta Regionale, Piano di indirizzo territoriale 2005-2010. Studi preparatori, Metodologia per l’adeguamento del PIT, a cura di G. De Luca, M. Gamberini, Firenze, 2005

–          L’identità toscana. Riformismo e governo del territorio, conversazione con M. Morisi e R. Cassigoli, Passigli Editori, Firenze 2005

–          «Per un governo pubblico del territorio, ma non da soli», DOC Rivista trimestrale, n. 11, 2004

–          «Presentazione» a G. De Luca, Il Piano di Indirizzo Territoriale. Le regole e le strategie, Regione Toscana -Giunta regionale, Firenze 2003

–          Piano pubblico e progetti pubblico-privati: il modello toscano di governo del territorio e le prospettive della legge quadro nazionale, relazione di presentazione della proposta di legge “Norme per il governo del territorio”, licenziata dalla Giunta Regionale Toscana il 5 aprile 2003

–          I cipressi di Erodoto. Conversazione su Firenze e il suo territorio, FrancoAngeli, Milano 2000

 

Giuseppe De Luca
Presidente Inu Edizioni

Articolo pubblicato in: In Evidenza, InuInforma, NL
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