Legge rigenerazione urbana, le considerazioni del segretario Inu
08/12/2019
A un incontro organizzato dall’Ordine degli Architetti di Napoli sulla proposta di legge sulla rigenerazione urbana del Consiglio nazionale degli architetti è intervenuto il segretario dell’INU Francesco Domenico Moccia, con le considerazioni che seguono:
“Il Consiglio Nazionale degli Architetti ha in corso un processo di elaborazione di un disegno di legge per la rigenerazione urbana a cui hanno lavorato, insieme all’ufficio di presidenza, quattro gruppi operativi (Aree urbane, Aree interne, Beni culturali e Politiche territoriali regionali) con consulenze giuridiche e finanziarie. Promuovendo una più ampia consultazione col dibattito organizzato dall’Ordine degli Architetti di Napoli, a cui sono stato invitato in rappresentanza dell’INU, mi si presenta l’occasione non solo per porgere formali saluti, ma per avanzare osservazioni puntuali, sebben molto concise, su un argomento che è molto caro anche al nostro Istituto.
Nel riflettere intorno a questo DdL non si può non partire da una convergenza di fondo sull’indirizzo da perseguire nel governo del territorio e sulla necessità che quest’obiettivo sia sostenuto, finanziato e facilitato da un sistema legislativo idoneo. Va anche apprezzata l’esplicitazione degli architetti di un orizzonte desiderabile in cui si procedesse ad una riforma globale e coerente del sistema di pianificazione e urbanistico, accompagnata dalla considerazione che il quadro politico si muove in opposta direzione con provvedimenti settoriali e parziali. Evidentemente non è ancora pervenuta la consapevolezza di quando il documento degli architetti afferma in modo coraggioso: siamo di fronte ad una crisi strutturale del settore edilizio per il cambiamento radicale della domanda sociale e per le sfide ambientali.
Perciò va accolto con interesse la proposta di avanzare nuove definizioni sia in termini concettuali generali che in termini tecnici specifici di un linguaggio più vicino ai nuovi fenomeni e più condiviso tra ricercatori, professionisti e tecnici delle amministrazioni quando si trovano ad esplorare condizioni innovative e sperimentare soluzioni inedite, anche al rischio di qualche ingenuità o astrattezza utopica. Si tratta di un lavoro molto importante e difficile.
Tuttavia, dentro questo discorso più ampio, il documento si focalizza in maniera molto dettagliata e concreta sulla riforma dello standard. L’aver dato priorità alle difficoltà o incongruenze che l’applicazione del DM 1444/68 nelle operazioni di recupero e rigenerazione urbana dà l’impressione di un ridimensionamento del valore dello standard e rischia di dare fiato alla difesa pregiudiziale della sua immutabilità. Si tratta di una posizione che non mi sento di abbracciare date le premesse in cui si coglie il profondo mutamento della condizione urbana e dei termini del diritto alla città. Al contrario, mi sembra necessario un rilancio più deciso nel dibattito sull’equità e dei diritti dei cittadini sia oltre le differenze sociali ed etniche che geografiche. Ad ogni buona ragione gli va rivendicato un posto all’interno delle materie dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP).
Apprezzo il titolo IV della proposta per diversi motivi, primo dei quali quello che richiede che la strategia nazionale sulla rigenerazione urbana sia fondata sulla conoscenza. L’affermazione è particolarmente dirompente tanto con la tradizione italiana in cui difficilmente i politici hanno ritenuto che le loro decisioni dovessero essere supportate da studi e ricerche quanto con l’accentuazione di questo rifiuto nell’ultima fase. Invece questo è centrale punto di contatto tra Consiglio Nazionale degli architetti e INU, dove la dichiarazione programmatica del Presidente ha posto al centro del lavoro dell’istituto la valorizzazione delle competenze.
Il secondo riguarda l’accento posto sui finanziamenti pubblici, che temperano altre parti del documento in cui si postula un equilibrio finanziario degli interventi fondati sull’apporto dei privati. Questo si muove in coerenza con la dichiarazione della città bene comune, in principio; in pratica prende atto della difficoltà di realizzare le necessarie opere pubbliche ricavandole, del tutto, dalla valorizzazione immobiliare.
Inoltre la strategia deve essere articolata tra i livelli di governo, implicando forme di pianificazione ed un rapporto corretto con le modalità di autonomia. Seppure vanno apprezzate le dichiarazioni di rispetto delle norme urbanistiche e delle previsioni dei piani, spetta a noi urbanisti esprimere l’inadeguatezza della vigente strumentazione rispetto ai compiti della rigenerazione. Non meraviglia che il discorso degli architetti abbia una accentuazione edilizia: al contrario va apprezzato l’approfondimento critico in quel campo.
Non a caso si segnala una debolezza del discorso sui trasporti, le reti ed infrastrutture altrettanto essenziali per la transizione verde urbana e per la forma ed organizzazione della città e del territorio, dove svolgono il ruolo di armatura incidendo in maniera decisiva sulle emissioni di gas climalteranti, sostenibilità energetica, servizi ecosistemici, resilienza. In tal senso, nel titolo VI, si deve aggiungere alla programmazione degli interventi per aree di rigenerazione, quello dei progetti di reti, quali le infrastrutture verdi, che intersecano e attraversano una o più aree.
Perciò alla dimensione edilizia va aggiunta una dimensione urbanistica più specifica da articolare su due tracce principali, su cui è impegnata a lavorare l’INU: a) la revisione della forma del piano che aggiorni l’esistente sistema di pianificazione e la sua articolazione presso i livelli di governo in funzione degli obiettivi condivisi; b) una politica di rinnovamento delle infrastrutture che riconfiguri la città pubblica in chiave di sostenibilità.
Su questi termini si potrebbe fondare una fertile collaborazione tra Consiglio Nazionale degli architetti e INU”.