Accessibilità è incontrarsi. Al Festival di Foligno l’incontro di Inu e Urbit

04/04/2014
Nella giornata inaugurale del Festival delle città accessibili, a  Foligno, si è tenuto oggi “Accessibilità è incontrarsi”,  incontro  organizzato dalla sezione umbra dell’Istituto Nazionale di Urbanistica  e dalla società Urbit. L’incontro si è svolto nella Sala Rossa di  Palazzo Trinci. E’ stato un confronto tra opinioni, piani e progetti  in grado di orientare al meglio le azioni delle pubbliche  amministrazioni, delle associazioni, delle imprese e degli utenti  coinvolti negli interventi per migliorare la vitalità e  l’accessibilità delle città, con particolare attenzione al territorio  umbro. Su questi temi l’Unione europea destinerà significativi  finanziamenti nella nuova programmazione Europa 2020 e quindi le città  devono predisporre progetti per essere in grado di presentare proposte  articolate nei bandi europei e sfruttare l’opportunità. 

Il sindaco di Foligno, Nando Mismetti, introducendo l’incontro ha  definito il Festival che lo ospita “un’iniziativa di grande  significato culturale e civile, avvalorata dalla medaglia d’oro  assegnata dal Presidente della Repubblica: è un grande riconoscimento  a tutti coloro che si stanno spendendo per la riuscita del Festival e  per chi lo ha organizzato e promosso e conferma l’importanza dei temi  che vi vengono trattati”.

Franco Marini, presidente della sezione umbra dell’Istituto Nazionale  di Urbanistica, ha esaminato le iniziative della Regione che “da lungo  tempo è impegnata nella ricerca d’individuare disposizioni e strumenti  capaci di governare le trasformazioni urbane in modo che siano  soddisfatti almeno tre obiettivi per lo sviluppo degli aggregati  urbani: sostenibilità, accessibilità e partecipazione al fine di  consentire, rispettivamente, riduzione dell’impatto energetico,  libertà della fruizione/frequentazione e ruolo attivo delle comunità  di abitanti”. Non mancano tuttavia, ha spiegato Marini, gli  esperimenti riusciti male, come è evidente a Fontivegge il cui caso  “esemplifica il fallimento di un approccio introverso di  un’architettura ‘altezzosa’ che rende non funzionante una porta della  città con la sua piazza isolata e chiusa proprio verso quella parte di  ‘interscambio’ che la stazione ferroviaria interpreta”.

Di positivo ci sono le misure indicate da Maurizio Angelici  dell’Osservatorio sulla condizione delle persone con disabilità della  Regione Umbria: “La legge regionale sul trasporto pubblico locale che  impone la formazione di tariffe speciali destinate alle fasce più  deboli e ai disabili; Il nuovo piano dei trasporti regionale che è  finalizzato alla costruzione di un sistema modale d’interscambio tra i  diversi mezzi con attenzione alla disabilità; la richiesta che i piani  comunali dei servizi alla popolazione siano valutati dagli strumenti  urbanistici per la qualità delle infrastrutture riguardanti  l’accessibilità; la legge regionale che disciplina l’erogazione dei  servizi agli abitanti imponendo alle amministrazioni comunali il  coordinamento dei tempi di funzionamento di uffici e prestazioni”.

In ogni caso, ha rilevato il direttore di Urbit Iginio Rossi, “le  nostre città frequentemente risultano inaccessibili. Non è facile  muoversi, in particolare se si è disabili. Le migliori terapie  d’intervento, come risulta dall’osservatorio privilegiato di Urbit, la  società dell’Inu che esamina l’urbanistica italiana, appartengono  all’ecologia urbana detta anche ‘omeopatia urbana’ in quanto i  provvedimenti adottati, da enti pubblici e privati per ‘costruire’ la  città accessibile, fanno leva sulla capacità rigeneratrice che hanno  gli organismi urbani di ricostruire l’equilibrio perduto dalle loro  parti degradate”.

Il criterio dell’accessibilità può quindi risultare decisivo per  indirizzare nel miglior modo la rigenerazione delle città. Lo ha  spiegato Eugenia Monzeglio dell’Istituto Italiano per il Turismo di  tutti: “Una rigenerazione urbana non deve essere solo superamento di  ostacoli e di elementi di disagio e di discomfort, ma che si deve  configurare come sviluppo di condizioni di vivibilità e di fruibilità  eque e paritarie per tutti”.

L’architetto Enrico Giovannone, che esercita la professione a  Stoccolma, ha indicato le buone pratiche della città svedese come  possibili esempi di interventi da importare, in particolare  “l’inserimento di soluzioni che eliminano le barriere architettoniche  che non è disgiunto dalla diffusione del senso civico, di attenzione  verso le fasce più deboli della popolazione”.

Per informazioni
Andrea Scarchilli
Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica
Mob: 329.6310585
E – mail: ufficiostampa@inu.it

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