Stop consumo di suolo, l’Inu Lombardia: “Una sfida da raccogliere”
14/02/2014
Il consumo di suolo in Italia ha assunto negli anni dimensioni sempre più preoccupanti. Solo in Lombardia dal 1955 al 2007 sono stati urbanizzati 235.000 ettari, una quantità pari a diciotto volte la città di Milano.
L’Istituto Nazionale di Urbanistica è stato tra i primi a lanciare l’allarme ed ha promosso con Legambiente e il Politecnico di Milano un centro di ricerca, il CRCS, che dal 2008 lavora per quantificare il fenomeno con metodologie affidabili e omogenee e individuare possibili politiche di contenimento.
Per consumo di suolo, espressione efficace ma impropria perché il suolo non si consuma ma cambia uso, si intendono i processi di trasformazione da usi agricoli o naturali a usi urbani. In questo modo si è determinata una perdita irreversibile di territorio prevalentemente agricolo che rappresenta un patrimonio produttivo e ambientale insostituibile in una regione come la Lombardia che ha terre tra le più fertili in assoluto e contribuisce per il 16 % al prodotto agroalimentare nazionale.
Dal 1999 al 2007 si sono persi oltre 43.000 ettari per oltre il 60% tra i suoli a più alto valore produttivo della pianura lombarda.
Urbanizzazione e impermeabilizzazione dei suoli risultano strettamente correlati ai dissesti idrogeologici che purtroppo costituiscono in Italia una emergenza costante – che si continua a fronteggiare come se si trattasse di sciagure ineluttabili e non, come spesso accade, di improvvida gestione del territorio – e comportano, per l’inarrestabile diffusione insediativa, pesanti compromissioni del patrimonio ambientale e paesaggistico.
La limitazione del consumo di suolo è finalmente entrata nell’agenda politica nazionale e regionale, forse anche grazie alle condizioni di crisi che hanno reso più deboli le pressioni edificatorie. In Lombardia le possibilità di portare a conclusione l’iter legislativo del progetto di legge “Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per il riuso del suolo edificato” sembrano finalmente concrete.
L’iniziativa della Lombardia (che si articola in più progetti di legge presentati dalla giunta e dai gruppi consiliari) merita quindi di essere sostenuta, augurandosi che finalmente si riesca ad avere una legge che stabilisca misure efficaci per contenere il consumo di suolo e rendere prioritari gli interventi di riuso del patrimonio edilizio dismesso e i processi di rigenerazione della città esistente.
E’ importante enunciare con chiarezza il principio fondamentale, secondo il quale il suolo libero è una risorsa non riproducibile da preservare e tutelare nelle funzioni produttive e paesaggistico ambientali e prima di trasformarlo si deve accertare se siano praticabili soluzioni alternative.
E’ necessario in tal senso che la legge esprima procedure univoche di computo e monitoraggio, evitando che opere di grande impatto, seppur di interesse generale, come le infrastrutture, siano sottratte a bilanci e valutazioni di sostenibilità, o che deroghe permissive riducano la portata di un provvedimento quanto mai urgente. E’ anche importante che la legge sia in grado di responsabilizzare tutti gli attori delle trasformazioni territoriali, definendo la necessità di verificare nessi oggettivi tra bisogni e previsioni di sviluppo, e introduca misure disincentivanti e di compensazione ecologica per gli interventi di trasformazione, e al contrario di incentivo al riuso, al fine di rendere sempre meno conveniente l’edificazione su suoli liberi.
Luca Imberti, presidente sezione Lombardia Istituto Nazionale di Urbanistica
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