Social housing e crisi dell’immobiliare: i numeri a Urbanpromo
07/11/2013
L’Italia della tradizionale casa di proprietà che fa i conti con una crisi dell’edilizia e del mercato immobiliare che dura dal secondo semestre del 2006. L’Italia che fatica a mettere in moto, dopo gli anni fulgenti dell’edilizia residenziale pubblica, un processo a larga scala di “social housing”, il complesso di iniziative volte a dare abitazioni a prezzo appunto “sociale” ai redditi più bassi. L’Italia che non riesce a innovare il ciclo produttivo dell’edilizia, con evidenti effetti sulla ripresa del settore, che non si vede. A dispetto delle teorie e del dibattito incentrato sull’abolizione dell’Imu per le prime case, che in realtà pesa marginalmente sul mercato: il gettito dell’imposta, come è noto, ammontava a 27 miliardi, e di questi solo 4 provenivano dalle abitazioni principali.
Se ne è parlato a Torino nel corso della seconda giornata di Urbanpromo, l’evento di marketing urbano e territoriale organizzato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica e da Urbit che ha dedicato oggi un ampio approfondimento sulla condizione del mercato abitativo con la presentazione dei dati e delle ricerche di Cresme, Cassa depositi e prestiti, Banca d’Italia e Scenari immobiliari.
Proprio un report di Scenari immobiliari mette in evidenza lo scarso peso dell’housing sociale nelle principali città italiane: a Roma e Milano incide rispettivamente per il 4 e il 7 per cento sul totale delle locazioni. A Londra siamo al 26, a Copenaghen al 20, a Parigi al 17, la media europea è del 15. Le case di proprietà nelle due città italiane più grandi superano il 60 per cento, solo Barcellona in Europa si attesta su questi livelli. E da qui si capisce come la crisi dell’immobiliare, con i prezzi crollati del 30 per cento negli ultimi sette anni (dati Cresme), le compravendite scese del 20 per cento solo nell’ultimo anno e il mercato dimezzato negli ultimi dieci (dati Scenari immobiliari) sia un dramma, che ha colpito il patrimonio e il reddito della maggior parte degli italiani e che si somma alla crisi economica generale.
Sempre Scenari immobiliari ha messo in evidenza come domanda e offerta in Italia ormai non si incontrino più. La contrazione del reddito e le nuove esigenze sono fuori asse rispetto alle disponibilità e ai prezzi forniti dal mercato. Nel 2013 sono state “assorbite” dal mercato poco più della metà delle abitazioni. Nel 2005 eravamo oltre il 90 per cento. Siamo di fronte a una domanda che cambia e che va intercettata. Il mercato, faticosamente, prova ad adeguarsi: in Italia i bilocali in quattro anni hanno aumentato il loro “peso” sul totale delle abitazioni del cinque per cento (dal 27 per cento al 32), le “classiche” case familiari dimensionate tra gli 80 e i 110 metri quadri abitate sono ormai solo il 20 per cento contro il 26 di quattro anni fa.
E’ un processo spontaneo che non basta, andrebbe ottimizzato e stimolato. Dice la Banca d’Italia: Ci sono quattro milioni e mezzo di unità residenziali che non sono adibite ad abitazioni né affittate, e di certo non sono tutte seconde case. Eppure Cresme indica proprio nella indisponibilità di case alla portata la tendenza alla riduzione delle famiglie italiane: sempre meno giovani escono di casa e “fanno famiglia”. Dice ancora la Banca d’Italia a Urbanpromo: “Negli ultimi venti anni lo stock di abitazioni è cresciuto in Italia a ritmi più sostenuti della popolazione residente”. Problema di costi?
Cresme individua un problema che è patologico del sistema Italia, un freno che impedisce il ricambio e la ripresa dell’edilizia e dell’immobiliare. Non l’Imu, non la crisi dei mutui: il comparto soffre di deficit di produttività, in cinquant’anni è scesa del dieci per cento. Occorre rivoltare il sistema come un calzino, applicare tecnologie a partire dall’allestimento dei cantieri: il costo degli errori diminuirebbe dal 40 al 10 per cento. Con effetti benefici sui prezzi. La programmazione dei fondi europei 2014 – 2020 potrebbe aiutare in questo senso a replicare nell’edilizia quanto successo in settori come l’aeronautico e l’automobilistico.
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Andrea Scarchilli
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