Roma ha la sua Strategia di adattamento climatico. Il documento è stato approvato dalla Giunta a settembre 2024 e il 14 gennaio dall’Assemblea capitolina.
Il direttore dell’Ufficio clima del Comune, Edoardo Zanchini, spiega che si tratta di un “documento innovativo in Italia, per diverse ragioni, a cominciare dall’approccio multisettoriale. Era indispensabile farlo a Roma perché è il Comune di gran lunga più grande del nostro Paese, e dimensioni tali fanno sì che rischi e impatti abbiano una articolazione e una portata unica, irripetibile. La Strategia si colloca rispetto al panorama europeo in un percorso che ha come riferimento documenti di altre grandi città e si rifà al modello anglosassone specialmente partendo dalla consapevolezza che l’adattamento è un tema talmente ampio, e le competenze così articolate, che non può essere efficacemente affrontato attraverso un piano. Serve un’impostazione che riunisca diversi attori a uno stesso tavolo perché condividano gli obiettivi e li perseguano nel tempo, per individuare programmi, progetti e finanziamenti che solo in parte dipendono dal Comune”.
La Strategia di adattamento climatico di Roma non è un punto di arrivo ma di partenza che prelude ad azioni e interventi. E’ organizzata in quattro grandi priorità. C’è quella che racchiude la necessità di affrontare l’aumento delle piogge intense e delle conseguenti alluvioni, con un’attenzione speciale alle 400mila persone che nella capitale vivono in zone a rischio. Qui le competenze dirette dell’ente comunale si fermano alla gestione e alla manutenzione del sistema fognario, e i grandi interventi fanno riferimento a Regione, Ministeri, Autorità di Bacino. Diventa perciò imprescindibile l’approccio descritto del coordinamento e della condivisione degli obiettivi.
Il secondo ambito di intervento riguarda le risorse idriche, per ridurne consumi e sprechi e spingere il riuso attraverso un nuovo modello di gestione. Il terzo è costituito dalla sfida alle ondate di calore, che a Roma hanno impatti rilevanti anche in termini sanitari. In questi due campi il Comune ha prerogative più dirette.
C’è infine la gestione di una linea di costa lunga diciotto chilometri, e anche in questo caso come sul primo l’amministrazione è limitata, non ha potere di pianificazione né di controllo: si torna quindi alla strada del dialogo con gli altri livelli.
“L’obiettivo della Strategia – spiega Zanchini - è di definire le priorità e un percorso di lavoro che coinvolga tutti gli attori per progettare, finanziare e avviare entro il 2030 le opere indispensabili a fare fronte allo scenario di rischi che il Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici ha prospettato per la metà del secolo. Stiamo già lavorando sulla stima dei costi, che in parte è definita: la per messa in sicurezza contro le alluvioni occorrono complessivamente 900 milioni, mentre stiamo facendo uno studio su un modello innovativo di riutilizzo delle acque dei depuratori. Non abbiamo la stima di quanto costeranno gli interventi di adattamento contro le ondate di calore, ma c’è un percorso definito: abbiamo vinto un bando che ci assicura il supporto della Commissione europea per l’individuazione delle priorità e la quantificazione delle spese, su un campione di due quartieri”.
Dei tanti settori e uffici coinvolti dalla Strategia, c’è naturalmente anche la pianificazione urbanistica: “Innanzitutto delle aree a rischio idrogeologico e allagamento, assieme tra gli altri all’Autorità di Bacino. Poi la questione della linea di costa, e la grande rilevanza del tema di come si costruisce a Roma: vogliamo riscrivere il Regolamento edilizio. Servirà inoltre uno sguardo urbanistico e progettuale per affrontare la questione della riduzione degli impatti delle ondate di calore, particolarmente significative in alcune zone della città dove il caldo si somma al rischio sociale”.
Un’ultima considerazione Zanchini la offre sul quadro globale, ora dominato dall’insediamento di Donald Trump da Presidente degli Stati Uniti. Tra i suoi primissimi atti, l’uscita dall’accordo di Parigi sul clima: “C’è un effetto negativo, perché non potrà che distrarre dall’urgenza degli interventi. Però c’è anche da rilevare che sull’adattamento il consenso è oramai esteso e trasversale, è riconosciuto come un’emergenza da una grande parte della popolazione. Se sulle cause dei cambiamenti climatici c'è purtroppo ancora chi nega il ruolo delle attività antropiche, degli effetti tutti si preoccupano e tutti chiedono di porvi riparo. Ma in ogni caso ritengo che Trump su questi temi rappresenti una corrente di pensiero che non è maggioritaria nemmeno negli Usa, dove gran parte degli Stati e delle maggiori città, anche di orientamento politico conservatore, ha approvato normative a favore dell’espansione delle fonti rinnovabili e dell’adattamento climatico. Certo, ora mancheranno gli stanziamenti del governo federale, ma come vediamo a Los Angeles i problemi vanno affrontati e gli investimenti non si fermeranno”.
Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica