La sezione Basilicata dell’Istituto Nazionale di Urbanistica ha un nuovo presidente: è stato eletto nei giorni scorsi Lorenzo Rota. Il rinnovo del Consiglio direttivo e delle cariche istituzionali coincide con una forte volontà di rinnovamento, che si intreccia nell’immediato con le iniziative attivate per rimediare alle storture del piano casa regionale.
“Il nostro obiettivo – dichiara Rota – è fare sentire maggiormente la presenza della sezione nella comunità regionale. Dobbiamo essere vigili e propositivi, valorizzando una nostra caratteristica costitutiva che è data dalla presenza, accanto a un gruppo di soci storici, di giovani qualificati che manifestano da tempo la volontà di impegnarsi sui temi dell’urbanistica”.
C’è da lavorare innanzitutto, come detto, sull’anomalia del “Piano Casa”: norma straordinaria di matrice nazionale, transitata poi nella L.R. n.25/2009, che in Basilicata da alcuni anni è diventata addirittura “strutturale”, senza dunque la necessità di proroghe periodiche. Rota è tranchant: “E’ la negazione della pianificazione urbanistica, perché consente a un costruttore di intervenire in deroga, sia dal punto di vista delle limitazioni alla sagoma che delle destinazioni d’uso. E’ pernicioso anche per la parte che riguarda i servizi, perché non obbliga gli imprenditori ad adeguarne le quantità, in rapporto all’incremento complessivo delle volumetrie, ma consente loro di monetizzarli, cioè di corrispondere un semplice contributo, senza realizzare il 'servizio'. E’ chiaro che così facendo, anno dopo anno, si sta erodendo la vivibilità delle nostre città: INU Basilicata si prefigge di mettere in campo proposte di correttivi e soluzioni, coinvolgendo le istituzioni (Regione e Comuni), e la società civile”.
Si pensi, dice Rota, agli effetti sulla qualità urbanistica di città quale Matera, che fa di questa “qualità” occasione di valorizzazione internazionale; qui si registrano casi, nemmeno isolati, di interventi di demolizione/ricostruzione, incentivati dalle premialità del Piano Casa, che stravolgono i tessuti urbani centrali della città, e nel mentre ne appesantiscono le periferie in formazione.
Un primo passo significativo INU Basilicata l’ha già fatto nel settembre scorso, quando proprio a Matera un seminario ha messo in luce pubblicamente tutti i guasti prodotti dalla normativa regionale. “Quell’evento ha avuto un esito – ricorda Rota – visto che ha portato due consiglieri regionali, uno di maggioranza e uno di opposizione, a presentare un emendamento al Piano Casa che da un lato vuole eliminare l’illogica equiparazione di un semplice permesso di costruire 'rilasciato' ad una 'costruzione esistente' da riqualificare (e quindi avente diritto alle 'premialità' del Piano Casa); e dall’altro consente ai Comuni di aggiornare le perimetrazioni delle aree urbane 'da salvaguardare', e cioè nelle quali il provvedimento non è applicabile: aggiornamento indispensabile perché quelle in vigore, risalenti alla prima approvazione del 2009, data la straordinarietà 'a tempo' della legge, non furono molto stringenti sulle limitazioni”.
Un altro fronte, prosegue il neopresidente di INU Basilicata, “è quello che riguarda in generale la qualità urbanistica - ambientale, che nella nostra regione è a rischio. Alle questioni ormai 'datate' delle perforazioni per gli idrocarburi, si sovrappongono oggi quelle relative alla individuazione delle 'aree non idonee' all’installazione di impianti di energia rinnovabile: a tale riguardo si intravede comunque uno spiraglio positivo, che viene dal recente completamento dell’elaborazione del Piano Paesistico Regionale, ora in VAS, che ha visto l’impegno redazionale pluriennale dei dipartimenti regionali competenti, in collaborazione con MIC e MASE".
"La Basilicata - prosegue - sconta inoltre l’assenza (ormai da alcuni decenni) di una adeguata strategia di sviluppo territoriale, correlata ad idonei strumenti di pianificazione d’area vasta, che possano interagire ed interfacciarsi con gli strumenti della programmazione economica: il che ha rappresentato un elemento di forte criticità nello sviluppo della regione. La Legge Urbanistica Regionale (n.23/99), in effetti, ha avuto attuazione quasi esclusivamente nell’approvazione dei Regolamenti Urbanistici dei singoli Comuni (e neanche tutti). Ed invece c’è una forte necessità di agire al livello sovracomunale, per contrastare la debolezza intrinseca della nostra regione, ove prevale la struttura insediativa dei piccoli, piccolissimi Comuni delle 'aree interne' (l’'osso' di Manlio Rossi Doria), in fase di rapido declino demografico, e che necessitano di riorganizzarsi in 'Unioni di Comuni' titolate alla gestione associata dei servizi ai cittadini e della pianificazione a scala sovracomunale. La pianificazione strategica d’area vasta è indispensabile anche per organizzare le potenzialità di crescita delle aree costiere più vivaci, e dei comprensori afferenti i comuni capoluogo. Il rischio concreto che la Basilicata corre in questo scorcio di secolo è di essere fagocitata dalle aree forti costiere (metropolitane) tirrenica ed adriatica, e di smembrare così la sua identità storica, geografica, e culturale".
E’ pertanto evidente la connessione di queste problematiche con l’argomento che sarà all’attenzione del Congresso dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, “Il piano utile”, che si svolgerà a Roma dal 22 al 24 maggio: “Il tema ben si adatta alla situazione della Basilicata, come l’abbiamo descritta: porteremo perciò al Congresso la necessità di calibrare metodologie e strumenti di pianificazione urbanistica alla effettiva configurazione dei contesti locali (insediativi ed ambientali), puntando alla soluzione semplificata delle esigenze che quelle 'micro-comunità' esprimono; tra cui vanno inserite quelle delle connessioni digitali, che possono aprire nuove prospettive di lavoro gratificante alle giovani generazioni, e quindi attutirne l’esodo. La nostra regione ha futuro se riesce a preservare la sua identità, e valorizzare le sue caratteristiche culturali, storiche e insediative, costituenti importante valore aggiunto rispetto alle congestionate aree metropolitane che la perimetrano. E va ridato un senso all’abitare anche nei centri più piccoli, che spesso tendono a essere dimenticati, attivando una rete di infrastrutture materiali, immateriali e, soprattutto culturali, che faccia sistema, e che consenta ai centri urbani più 'vivaci' di trainare quella identità verso più ambiziosi traguardi di modernizzazione”.
Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica