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Pianificazione metropolitana, il caso di Catania e la necessità di un nuovo modello

14/06/2023

L’esame dei percorsi di redazione dei Piani territoriali metropolitani – si sono affrontate finora le situazioni di Milano, Napoli, Bologna, Torino, Firenze, Bari e Cagliari – prosegue con Catania. Le considerazioni di Paolo La Greca, componente del Consiglio direttivo regionale della sezione Sicilia dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, consentono di passare in rassegna una serie di questioni problematiche che, a diversi livelli, non hanno permesso non solo la redazione di un Ptm, ma la possibilità stessa di una pianificazione metropolitana di qualità. Nodi che, ritiene La Greca, sono in parte spia della necessità di cambiare paradigma, e non solo a Catania.

L’esponente di INU Sicilia rileva innanzitutto un problema “di tipo contenutistico, che riguarda la Sicilia. Qui si sono individuate tre Città metropolitane, arrivando così ad avere circa la metà della superficie della regione costituita come area metropolitana senza che questo vastissimo territorio possieda i caratteri di una città metropolitana ma neanche quelli di regione urbanizzata se non per limitate porzioni di esso. L’autonomia e la specificità della nostra regione avrebbero permesso di scegliere una strada analoga a quella sarda. A Cagliari, infatti, si è scelto di non fare coincidere la Città metropolitana con il territorio della vecchia provincia, ma piuttosto con il quello realmente conurbato. Il primo errore è questo. Stando al caso di Catania, l’area realmente metropolitana è costituita, infatti, solo dalla città e da un’altra ventina di comuni realmente e strettamente conurbati, legati alla città eponima per questioni economiche e territoriali, e dall’opportunità di realizzare economie di scala. E’ evidente che un’estensione all’intera provincia svuota il senso stesso dei nuovi enti facendogli perdere ogni pertinenza territoriale. A questa evidenza se ne aggiunge un’altra di tipo politico e istituzionale: in Sicilia non si sono mai insediati i consigli territoriali metropolitani e si sono persi cinque anni in un contenzioso imbastito per stabilire se il sindaco della città principale avrebbe dovuto esserlo anche della Città Metropolitana. Siamo quindi rimasti al palo, senza un organo di governo pertinente per la pianificazione territoriale a questo livello”.

La situazione si è in qualche modo complicata quando, prosegue La Greca, “la Città Metropolitana di Catania ha ottenuto un finanziamento rilevante per la redazione di una sorta di piano strategico. Mancando l’interlocutore necessario e privilegiato, ovvero il Consiglio, il piano (in corso di approvazione) è diventato uno strumento autoreferenziale redatto dalla società 'The European House Ambrosetti' che ha vinto la gara. Si è strutturato come un piano di marketing territoriale, fondato su analisi economiche e su una mera raccolta di progetti bandiera. I limiti sono emersi da subito, e sono quelli che derivano da non avere adempiuto alle funzioni di un piano territoriale: ha provato solo marginalmente un modello strategico per delineare le scelte su cui indirizzare le energie della comunità, non ha individuato le modalità della copianificazione e quelle per un’assunzione condivisa di responsabilità. Il tentativo di coinvolgere i sindaci è stato sostanzialmente fallito. Basta un esempio per dare un’idea dello scollamento: in questo piano redatto da Ambrosetti manca qualsiasi riferimento ai Piani urbani integrati, per cui la Città Metropolitana ha ottenuto il più rilevante finanziamento di sempre, 185 milioni di euro”.

Il ragionamento dell’esponente di INU Sicilia qui si amplia quando sottolinea che i passi falsi di Catania e della Sicilia rispecchiano almeno in parte “i limiti che vive la pianificazione di area vasta in Italia. Si assiste al tentativo che ogni ente territoriale sovracomunale fa nel compilare un suo disegno di piano, ma sono azioni compiute in modo autoreferenziale. Servirebbero in alternativa una concreta cooperazione interistituzionale e un’intesa tra i diversi livelli sovracomunali per delineare politiche urbane vere, anche attraverso la condivisione di una serie di grandi progetti che abbiano una valenza transcalare. E’ indispensabile una visione nuova di governo dell’area vasta, che sia una visione di governance multilivello, altrimenti ne usciremo male. Occorre ritrovare politiche urbane autentiche, capire quali sono i processi da governare e affrontarli con una capacità di dialogo tra istituzioni. Questa nuova prassi nell’agire sarebbe in Sicilia particolarmente importante proprio ora, quando è in corso di redazione il Piano territoriale regionale che mostra già da ora, purtroppo, tutti i vizi già elencati”.

 


Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica